Matteo “Dispenser” Bordone per la seconda volta in poco tempo se la prende con il modo di recitare italiano. Aspettate non scappate, lo so che la faccenda rischia di essere noiosa, cercherò di essere breve e accattivante. Provate ad ascoltare un film (americano o inglese) in lingua originale. La prima impressione che si ricava è che sembra rumoroso. Perchè in genere gli americani prediligono la presa diretta. In effetti che senso ha “premiare” un attore che poi fa da manichino per la propria voce? In Italia i film stranieri si “doppiano”, la visione dei sottotitoli (si dice) non piace al grande pubblico (che in realtà si va a vedere le varie vacanze di natale). Il film doppiato suona pulito, senza fruscii. Anche quelli italiani, che infatti sono sovente ridoppiati. Senza voler fare l’esegesi della dizione io mi sposto sulle assi del teatro (dove spesso molti di quelli citati non compaiono e non compariranno). In teatro serve la dizione, serve perchè si deve (dovrebbe) recitare senza quei cosi attaccati in faccia (microfoni) che danno l’impressione di una enorme cicatrice. E per far arrivare la voce in fondo alla sala ci vuole il diaframma. Poi su questo diaframma ci si appoggia anche un’inflessione, un tic del respiro, un “vizio”, altrimenti i personaggi recitati saranno tutti uguali, ma non penso che un Riccardo III sia uguale a un Ciampa e così via. La figaggine dell’accento (romano o non) si perde nel respiro. Di scapole in genere. Che rende la voce fioca e poco utilizzabile in altri ambiti che non la “Fiction”. In cui, a dispetto di quello che dice Bordone, recitano tutti alla stessa maniera, sia in battute tipo “puttana, ti porto via la casa di Terracina” sia ” siamo tanto innamorati, nessuno ci dividerà”. E a me questo fa un po’ ridere. Per concludere (e collegarmi al titolo) possibile che nessuno si ricordi di un grandissimo nostro attore capace di cambiare mirabilmente voce, accento e cadenza? Possibile che nessuno si ricordi mai di Walter Chiari?
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