Allora, facciamo un po’ di ordine: c’è chi scrive e chi no ma non ci sono mosche, il cervo è felice, probabilmente per via della scatoletta che potrebbe essere anche per i gatti (ma non è detto). Il thè-sta o croce, fossero poi solo quelli i problemi, i treni si fermano in stazione e il porto sandeman fa fare strane cose. Le lettere degli impiccati spesso sono mendaci, se non troppo brevi. Quello che si rompe rimane rotto, quello che si strappa rimane strappato.
No, non l’ho bevuto io il porto, ma l’ora e mezza circa di spettacolo tiratissimo con soli due protagonisti e uno spazio particolare come il teatrosalauno, sotto la scala santa. Protagonisti, il mio attuale mentore e regista Paolo Alessandri e Piotr Adamczyk, sotto la guida di Fabio Omodei, hanno affrontato in un fantastico one-shoot per il romateatrofestival il testo di Slawomir Mrozek, “Emigranti”. Sono due “emarginati”, o autoemarginati, che passano in una sorta di esilio autopunitivo il tempo aspettando qualcosa che non ci sarà, il ritorno per il contadino trasformatosi in operaio, che accumula per accumulare e la realizzazione del libro dell’intellettuale, che accumula a sua volta materiale al solo scopo di non usarlo. Lo scoprirsi simili, pur diversi, porterà lo spettatore ad avvicinarsi a loro, solo per scoprire che le piccole meschinità, così come le grandi, fanno parte comunque del nostro essere. Così come i soldi, non spesi, non portano nulla, anche la scrittura, la cultura, non “spesa”, non porterà altrettanto nulla. Il vorticoso finale etilico, verso la non realizzazione, ha mostrato benissimo la capacità tecnica di questi due attori (mettendo fortemente in crisi il vostro umile scrivente, ma questo è un altro problema).
E il provino si avvicina…