Mi va di parlarne anche se è ormai mercoledì. Questo è un’edizione del torneo decisamente strana. La Nazionale di Rugby Italiana sta mostrando alcune differenze con il passato, ma mostrando improvvise lacune che i cugini francesi hanno ovviamente messo in mostra e sfruttato. Una cosa che al momento l’Italia non può fare è il ricambio generazionale che fanno spesso le altre nazioni. Potrebbe servire la Celtic per questo? Comunque, si sono visti nuovamente i ricicli e qualche altro spunto. Le due mete nel finale di partita sono mete vere, bastava guardare la reazione dei galletti e la veemenza del finale. Ma, pur portando il risultato ad un livello meno drammatico(46 a 20), non basta ancora. Credo che si debba mangiare ancora molto pane e Rugby per ambire a portarsi a casa il trofeo Garibaldi.
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The Mighty Flying Penguin – Numero Otto
Ecco (e in un tempo ragionevole, incredibile!) la nuova puntata del podcast, la numero otto.
Flautocentrica (grazie a laflauta) e con estratti da waxen di Gaspare Bitetto, collettivovoci e tanto flauto, fra Roland Kirk e Ian Anderson.
Buon ascolto.
P.s. Collettivovoci, con cui mi pregio di collaborare, ha fatto uno “speciale” per la festa della Donna. Andatelo ad ascoltare perchè ne vale la pena.
Un paio di cose
Un paio di cose così, en passant, che non mi andava di lasciare il blog in disarmo:
La “divertita” intervista al regista de “la caduta”, la cui scena della “scenata” di Hitler/Bruno Ganz è diventata una iper-parodia, applicabile alle più incredibili dinamiche (dentro e fuori dal web).
[via Giavasan]
Poi una notiziola volante che riguarda i nostri nuovi “soci”, i Liberi Nantes. Il documentario che racconta la storia della squadra (di calcio) parteciperà ai David di Donatello, nella categoria “Documentari”. Chissa che in futuro non ci sia la possibilità di fare un secondo numero comprendente il Touch Rugby.
Per concludere annuncio per questa settimana il nuovo appuntamento con il Pinguino Volante.
Un giorno normale
Questa sera in Italia si vedrà, semel in anno, quello che si vede praticamente tutti i venerdì e sabato a Temple Bar a Dublino o West End a Londra ecc. Minigonne e tacchi in uno strano effetto di “aprite le gabbie” e locali pieni di plastificati. Questo post lo dedico a tutte quelle che questa mattina non vogliono mimose o auguri. A le altre, oltre a dare un colpo al marito che gli lascia apparentemente solo questo giorno di sfogo, non saprei cosa consigliare.
Green Dreaming
Viste le ultime cose nostrane, mi è venuta voglia di ricominciare a guardare gli annunci di case in Irlanda.
Cose belle dal passato (finesettimana)
Come al solito mi ricordo di scrivere due righe sempre molto dopo gli accadimenti, ma il finesettimana molto piacevole (ancorchè stancante) mi andava di testimoniarlo.
Iniziamo con la parte rugbistica. Al Flaminio di Roma, nella solita bella atmosfera che circonda il 6 Nazioni, l’Italia vince (a mio giudizio convincendo) contro la Scozia in una partita sostanzialmente brutta e tattica, con pochissimi momenti di spettacolarità. L’Italia scopre il riciclo e la difesa avanzante. Mi viene il dubbio che Mallet non stia affatto lavorando male, sono solo i tempi mostruosamente lunghi che mi lasciano perplesso. La cornice non ve la descrivo, vi basta vedere le foto che si trovano in giro.
Foto di Giorgia Meschini
Poi la sera, sfruttando i mezzi pubblici, puntata al Teatro Argentina per la ripresa di Pippi Calzelunghe. Vedere un teatro pieno di bambini è bello, specie se lo spettacolo è un po’ più di uno spettacolo di teatro verde. L’edizione in questione è quella con l’adattamento teatrale di Staffan Gotestam e la regia e le coreografie di Fabrizio Angelini. bravissimo tutto il cast e un applauso all’allestimento scenografico.
Rimanendo poi in ambito “Junior” c’è da dire che “Explora“, il museo dei bambini di Roma è un piccolo gioiello dedicato a loro, anche se lo spazio è ristretto e alcune cose meriterebbero una manutenzione migliore. Una domenica mattina li dentro può essere una bella esperienza per l’accoppiata genitori-figli (o nonni-nipoti, se preferite).
Invictus
Premessa: Riporto qui sul blog una mia mail alla storica Rugbylist, dove si stava discutendo sul nuovo film di Eastwood, dedicato al SudAfrica di Mandela al momento della transizione dalla dominazione bianca boera.
Provo a scrivere una cosa sul film Invictus, visto ieri sera all’anteprima tenuta al Parco Leonardo (Roma-Fiumicino), in compagnia delle Fiamme Oro.
Il Rugby, qui, è metafora. Eastwood è diventato in questi anni un regista molto preparato e Morgan Freeman è ormai la sua anima davanti le cineprese. Ciò che è centrale è quello che il vecchio Mandela ha fatto 15 anni fa, salvando il SA dal diventare la nuova Rodesia. Ha permesso, con tutti i limiti e tutte le problematiche tuttora presenti, al SA di continuare ad essere una nazione civile e a salvarla da una quasi sicura guerra intestina. Per fare questo, con lungimiranza, ha sfruttato la sport Boero per eccellenza, quel rugby giocato nelle ricche scuole dei bianchi e lo ha fatto lasciando che simboli e colori dell’apartheid diventassero un simbolo unico. Questo l’antefatto. La realizzazione cinematografica di uno sport giocato da 30 persone su un campo così ampio è difficoltosa, specie se usi degli attori dentro l’azione. Cercare il “realismo” nel placcaggi o nelle fasi di gioco è come per un calciofilo cercare la realtà calcistica ne “l’allenatore nel pallone”. Poi, le riprese delle fasi di gioco sono state fatte in maniera molto intelligente. Se le riprese sono dagli spalti, l’immagine è quella che io o un qualunque spettatore ha dagli spalti, vedo tutto il campo, in fuoco fisso, (quando guardo una partita è la mia attenzione che si focalizza su un punto, ma i nostri occhi non sono in grado di avvicinare un soggetto). Quando la ripresa scende sul campo è diversa da quella di SKY presa da fuori della linea bianca, ma è “dentro” l’azione, sono i nostri ballonzolanti occhi che seguono il nostro mediano intento al passaggio a tuffo, che si muovono intorno inquadrando i nostri compagni e avversari. L’effetto è quello corretto, e i particolari studiatissimi (divise, palloni, mise dell’arbitro) sembrano anni luce distanti dalle attillatissime tutine da pattinatori attualmente utilizzate.
Per quello che può valere un applauso ad una pellicola, ieri sera c’è stato, ma non per il Damon-Pienaar, ma perchè quei 30 anni di prigione di Mandela, buttati alle spalle per non distruggere tutto, appaiono chiarissimi alla fine del film, quando immagini moderne mostrano una scuola “nera” con un gruppo di ragazzi di colore ad allenarsi.
Il messaggio passa e il film vale. Dategli una occhiata senza usare un metro di paragone “sportivo” che nella finzione non può esistere per forza di cose.
The Mighty Flying Penguin – Numero Sette
Torna, finalmente dopo mesi se non anni, una nuova puntata del pinguino, fatta con tutti i crismi e con tutte le cosine teNNiche al suo posto.
In questo numero un po’ di carne al fuoco. Innanzitutto un omaggio al Condor di Luca e Matteo, il momento della classica con un pezzo per violino e flauto (laflauta docet) preso dall’album “Six Sonatas for Flute and Violin – Opus 51 – Boismortier” del duo de Bois. Ho comprato e scaricato l’album da Magnatune, un ottimo servizio di musica originale on line che consente il preascolto dell’intero archivio, flessibilità nel prezzo dell’acquisto e che da il 50% secco dell’incasso agli artisti. Poi la “promessa” lettura presa dal libro “La distruzione di un mito” di Gaspare Bitetto, in rete “Waxen“, che mi sono assai divertito a registrare, indi un mio contributo, già pubblicato, per il collettivovoci, splendida iniziativa di cui ho parlato nel post precedente e per concludere un salto nel Punk Ska (demenziale) dei bravi “The Menthos“, con un pezzo preso dal loro secondo album “du iu uona Rokke Rolle?”.
Come sempre, Buon Ascolto.
P.s. Da questo numero il podcast è ospitato su Podbean, servizio di hosting per podcast.
Collettivovoci
Fare cose su Internet. Fare cose sulla rete è un po’ più di aggiornare il proprio status su un social network o mettere un anonimo post da troll su un forum. E’ inventarsi un modo diverso di fruire la rete. Già ora ci sono molte e interessanti proposte radiofoniche in podcast o live, ma il tumblr di Collettivovoci (al quale ho già dato il mio contributo e altri ne seguiranno) è davvero una bella novità. In pratica blogger, frequentatori della rete e dei social network leggono qualcosa scritto da altri blogger e così via. Le letture sono aggregate sul tumblr in questione. Non ci sono limiti di livello tecnico o altro e i risultati spesso colpiscono in maniera incredibile per immediatezza. Vale la visita e il vostro contributo.
L’evoluzione di Capitan Findus
Siamo arrivati a tre capitani, per quello che mi posso ricordare io. C’era il vecchio, tipo babbo natale dei mari, che è stato il classico per anni. Faccia da Braccio di Ferro senza spinaci, poteva essere la brava guida per i pupi o un maniaco sessuale.
Poi, probabilmente il vecio è venuto a mancare*, è arrivato il giovanottone tutto gadget e basetta rasoiata, troppo interessato all’apparenza e all’azione stile James Bond. Probabilmente missing in action in qualche incursione a base di platessa.
Ora il ritorno al brizzolato, con il “nuovo” capitano che, con la faccia da bastardone, ha l’aria di quello che si tromba le mamme dei ragazzini quando li riporta a terra.
* A margine dello scherzo, l’attore inglese John Hewer, che lo ha interpretato per anni è morto lo scorso anno.