Dopo esserci stato per conto mio, vederlo con gli occhi di un’altra persona fa sempre un’impressione particolare. Vi segnalo quindi questi quattro post “canadesi” di ComidadeMama, più un quarto dedicato alle letture dei bambini (cosa sacrosanta contro lo strapotere televisivo). Rivedere alcuni luoghi a distanza di tempo mi sta facendo venire voglia di tornarci (e magari restarci).
In più vi ricordo, post poco più sotto, la scatolata di vecchio (vecchio per alcune cose, non per altre) materiale informatico che ho messo da parte, disponibile a Roma per chi mi offrirà una bella birra.
Ecco, dopo due settimane di fermentazione e affinamento la birra è stata imbottigliata. Ora non resta che aspettare un mesetto (meglio due) per vedere se tutto è andato come doveva andare, senza infezioni ne muffe (che già una bottiglia l’ho dovuta buttare per via della muffettina interna).
Come anticipato dai commenti al post precedente, sono riuscito a trovare il tempo per fare un’altra “cotta” di birra. Sto per passare al livello successivo di preparazione e mi serviva fare un’altro po’ di pratica con il malto luppolato. L’immagine è il momento topico della preparazione. L’inoculazione del lievito nel mosto. Dopo bisogna aspettare che parta la fermentazione.
Essendo la birra (a differenza del vino) molto delicata, la preparazione richiede estrema pulizia, occorre sanitizzare e sterilizzare tutto quello che viene a contatto con il mosto. Dopo la fermentazione e l’imbottigliamento (con relativa ri-fermentazione) almeno un mesetto di attesa per gustare il risultato. Ed essendo birre “vive”, più tempo passa e più il loro gusto si affina. Imbottigliata questa (è una birra di frumento) passerò all’ultima cotta di questa serie, una bella birra rossa in stile belga, acidula e con (se viene bene) un gran bel cappello di schiuma persistente.
Strane cronache da uno strano Paese