Non voglio commentare il fatto di cronaca, non voglio commentare neanche questa, di cronaca. Spero solo che qualcuno che era li sul posto passi qui a leggere questa mia…
E si possa sentire enormemente imbecille.
Non voglio commentare il fatto di cronaca, non voglio commentare neanche questa, di cronaca. Spero solo che qualcuno che era li sul posto passi qui a leggere questa mia…
E si possa sentire enormemente imbecille.
Zitto zitto, piano piano, Il Gov. Schwarzenegger, simpaticamente ribattezzato “GropenFuhrer” da Gary Trudeau, sta cercando di importare in California una assistenza sanitaria di stampo prettamente europeo. Non male direi.
Mi ero ripromesso di non passare il solito capodanno e contavo sul Gospel Festival dell’Auditorium per farlo. Ma ecco l’intoppo. Nel giro di tre giorni spariscono circa quattrocento biglietti e mi trovo a dover fare i conti con la fortuna. Ovvero presentarmi alla biglietteria la sera stessa del concerto per trovare i biglietti residui. Quando mi sono messo in fila stavano distribuendo gli ultimi 20 posti “in piedi” (o meglio non assegnati). Il resto è stato un concerto fantastico con delle voci da brivido, un brindisi vero e finalmente un fine d’anno senza trenini televisivi.
(senza contare un rientro a casa attraversando una Roma irreale!)
Domenica è saltata la fuga dalla città (descritta nel post precedente) a causa della forte pioggia. Così ne ho approfittato per fare una visita rimandata da un po’. La Basilica di S. Maria degli Angeli, ovvero le ex Terme di Diocleziano. Da visitare se siete a Roma (si trova a due passi da Termini, in piazza della Repubblica).
Il finesettimana si avvicina, cosa fare per non immalinconirsi davanti la finestra (o chiusi dentro un centro commerciale) dopo il cambio di clima di questi giorni? Semplice, si può andare a cercare quello che la stagione ci regala. Fuori ci sono una quantità quasi infinita di sagre enogastronomiche per festeggiare l’autunno con castagne, polenta e vino novello. Come trovarle? Semplice, usando la tecnologia. Ovunque voi siate basterà digitare su Google la sequenza di termini che ho elencato, oppure fate click qui, avendo ovviamente l’accortezza di aggiungere alla vostra ricerca quantomeno la vostra provincia (o quella che volete visitare). Buona castagnata a tutti.
P.s. La tecnologia vi porterà fin là, ma non portatevela dietro. Scordate Pc, cellulari e altri aggeggi simili, portate solo la macchina fotografica. Vedrete, la tecnologia non si offenderà.
Scott Adams è il creatore di Dilbert, l’ingegnere con la cravatta puntata in su, oppresso da capi incapaci e colleghi nullafacenti. Adams ha perso la capacità di parlare diciotto mesi fa. Diagnosi: “disfonia spasmodica“. Possibilità di guarigione: nulle. Nel suo blog, Adams racconta come è guarito, utilizzando anche una “Nursery rhyme”.
Quando si dice “pensare positivo” (in inglese, ma da leggere).
Ecco, dopo due settimane di fermentazione e affinamento la birra è stata imbottigliata. Ora non resta che aspettare un mesetto (meglio due) per vedere se tutto è andato come doveva andare, senza infezioni ne muffe (che già una bottiglia l’ho dovuta buttare per via della muffettina interna).
Come anticipato dai commenti al post precedente, sono riuscito a trovare il tempo per fare un’altra “cotta” di birra. Sto per passare al livello successivo di preparazione e mi serviva fare un’altro po’ di pratica con il malto luppolato. L’immagine è il momento topico della preparazione. L’inoculazione del lievito nel mosto. Dopo bisogna aspettare che parta la fermentazione.
Essendo la birra (a differenza del vino) molto delicata, la preparazione richiede estrema pulizia, occorre sanitizzare e sterilizzare tutto quello che viene a contatto con il mosto. Dopo la fermentazione e l’imbottigliamento (con relativa ri-fermentazione) almeno un mesetto di attesa per gustare il risultato. Ed essendo birre “vive”, più tempo passa e più il loro gusto si affina. Imbottigliata questa (è una birra di frumento) passerò all’ultima cotta di questa serie, una bella birra rossa in stile belga, acidula e con (se viene bene) un gran bel cappello di schiuma persistente.
Ieri sera sono andato all’auditorium per lo spettacolo di Daniele Formica, che si annunciava come una sorta di excursus sulla sua vita in Irlanda, con successivo viaggio fatto negli ultimi tempi. Sulla scena uno schermo per le foto (sul quale all’inizio campeggiavano le Cliff of Mohers, con sopra il titolo dello spettacolo), il pianoforte di Rita Marcotulli, una poltroncina rossa e un tavolino (sort of) con sopra un Mac (iBook) e alcuni libri. Pronti via si parte. In realtà è uno spettacolo in divenire, non so se ci saranno altre repliche, ed è uno spettacolo che mi ha colpito in maniera particolare. Daniele è nato li, in quei luoghi, che io sento molto vicini e che ho girato con dignita di un locale, non percorrendo sentieri prettamente turistici. Lui racconta lo straniamento e lo strazio, prima per lo strappo dalla terra, poi per la perdita del padre. Ma non si piange, no, insomma Daniele riesce a farti stare sempre con il sorriso sulle labbra, mentre cerca le parole, mentre ti parla di Joyce e di una sua splendida mostra, mentre ti fa vedere le foto, con i brani di improvvisazione della Marcotulli che ha un rapporto fisico, quasi carnale con il pianoforte. Lo psico-spettacolo a volte si slabbra un po’, è nella natura di questo tipo di sfogo. Però quando facciamo gli ultimi passi con lui, nel Connemara, dopo una vigorosa esperienza di Craic, a ritrovarsi con i suoi ricordi più riposti, faccia a faccia con una “Reunion” con tanto di bevute, strette di mano, di ricordi fotografici e di ricordi fisici, come un anello di fidanzamento della nonna che gli viene restituito, allora lo senti, in sottofondo, l’odore di quello stufato con le patate, il rumore dei passi degli avventori sulle tavole di legno del pub, dove un vecchio gli dice di “conservare la sua dignità”. Fai quasi il tifo per lui, per non farlo tornare, per farlo rimanere a fare gli spettacoli di strada perchè lo vedi, al di là della barbetta brizzolata, lo vedi il Peter Pan felice, sulla sua “isola che non c’è”.
Daniele, io non so se ti capiterà di passare su questa pagina, ma sappi che c’è una pinta di Smithwick’s che ti devo, e che ti offrirò ben volentieri, e le restanti 10 buche di quel giro che avevi iniziato prima di ripartire per Roma.