Ieri sera sono andato all’auditorium per lo spettacolo di Daniele Formica, che si annunciava come una sorta di excursus sulla sua vita in Irlanda, con successivo viaggio fatto negli ultimi tempi. Sulla scena uno schermo per le foto (sul quale all’inizio campeggiavano le Cliff of Mohers, con sopra il titolo dello spettacolo), il pianoforte di Rita Marcotulli, una poltroncina rossa e un tavolino (sort of) con sopra un Mac (iBook) e alcuni libri. Pronti via si parte. In realtà è uno spettacolo in divenire, non so se ci saranno altre repliche, ed è uno spettacolo che mi ha colpito in maniera particolare. Daniele è nato li, in quei luoghi, che io sento molto vicini e che ho girato con dignita di un locale, non percorrendo sentieri prettamente turistici. Lui racconta lo straniamento e lo strazio, prima per lo strappo dalla terra, poi per la perdita del padre. Ma non si piange, no, insomma Daniele riesce a farti stare sempre con il sorriso sulle labbra, mentre cerca le parole, mentre ti parla di Joyce e di una sua splendida mostra, mentre ti fa vedere le foto, con i brani di improvvisazione della Marcotulli che ha un rapporto fisico, quasi carnale con il pianoforte. Lo psico-spettacolo a volte si slabbra un po’, è nella natura di questo tipo di sfogo. Però quando facciamo gli ultimi passi con lui, nel Connemara, dopo una vigorosa esperienza di Craic, a ritrovarsi con i suoi ricordi più riposti, faccia a faccia con una “Reunion” con tanto di bevute, strette di mano, di ricordi fotografici e di ricordi fisici, come un anello di fidanzamento della nonna che gli viene restituito, allora lo senti, in sottofondo, l’odore di quello stufato con le patate, il rumore dei passi degli avventori sulle tavole di legno del pub, dove un vecchio gli dice di “conservare la sua dignità”. Fai quasi il tifo per lui, per non farlo tornare, per farlo rimanere a fare gli spettacoli di strada perchè lo vedi, al di là della barbetta brizzolata, lo vedi il Peter Pan felice, sulla sua “isola che non c’è”.
Daniele, io non so se ti capiterà di passare su questa pagina, ma sappi che c’è una pinta di Smithwick’s che ti devo, e che ti offrirò ben volentieri, e le restanti 10 buche di quel giro che avevi iniziato prima di ripartire per Roma.