Fra le cose da fare la sera a Roma, in compagnia dei vostri cuccioli, c’è anche la visita ad uno spazio di teatro di figura stabile. Parlo del Teatro dei burattini “San Carlino”, che si trova a Villa Borghese, a due passi dalla terrazza del Pincio. Luogo storico e pieno di magia, è portato avanti da Vera Zamuner e dai suoi collaboratori, che continuano e continueranno ad incantare piccoli (e anche grandi, perchè no), con i burattini ma non solo. Infatti ieri sera cappuccetto rosso ha visto protagonista un grandioso Lupo in tecnica mista (enorme e convincente) oltre alla narratrice-animatrice che cambia la trama in corso per far partecipare il pubblico a trovare un finale alternativo (come possiamo salvare la nonna senza squartare il lupo?) Gli spettacoli ci sono quasi tutte le sere (consultate il sito dell’estate romana per sicurezza), ed inoltre nel pomeriggio (dalle 16.00 alle 18.00) laboratori per la costruzione dei burattini e messe in scena dei bambini. Il luogo vale comunque una passeggiata romantica nel cuore di Roma. Poi non dite che non vi do indicazioni.
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Lucciole e Lanterne
Siete a Roma? Avete cuccioli per casa? Fa troppo caldo per restare chiusi dentro e l’aria condizionata (dove c’è) vi intristisce? Allora avete ancora due date da sfruttare, questa sera e giovedì 29, per fare una scappata nel fresco di Villa Panphilj e godervi la rassegna “Lucciole e Lanterne” Ovvero il festival nazionale di teatro ragazzi, che si conclude con l’assegnazione del premio Gianni Rodari. Prestigiosissima giuria saranno gli stessi giovani spettatori, chiamati a votare a colpi di tappi di sughero.
Sono rimasti da vedere “Il Gatto con gli Stivali” de “I Guardiani dell’Oca” di Chieti e Giovedì “Il Pifferaio di Hamelin” della compagnia “Teatro Verde” di Roma, che è anche organizzatrice dell’evento. Ho assistito ad uno degli spettacoli precedenti (precisamente “Nel Regno di Fata Sibilla” ispirato dal “Guerin Meschino“) e sono di livello altissimo, capaci di catalizzare l’attenzione dei bambini e degli adulti. Ingresso libero e fresco assicurato (inizio spettacoli 21,30), cosa volete di più? (un gintonic? nel baretto al lato del palco ne fanno di ottimi!)
ROMATEATROFESTIVAL 2006
Segnalo, per chi non ne fosse a conoscenza, di questa iniziativa qui a Roma. Dal 5 al 16 Giugno (lo so, potevo ricordarmi prima) Tanti spettacoli gratuiti e incontri sul mestiere dell’attore. Se potete partecipate a qualche (o a tutte) le serate rimaste.
Eccovi il link per avere maggiori informazioni. Spero di incontrarvi sul posto.
“Garinei just left the building”
“Lo mundo è fatto per nui
per gente come nui
che nello mare dei guai
nun ce s’affoga mai
e se la cava così qualunque sia la luna
perché si dà del tu con la fortuna.”
Premetto che non voleva essere questo il post con cui volevo tornare a scrivere sul blog, ma la notizia non può essere ignorata o passata in secondo piano da chi, come me, si occupa di teatro. Pietro Garinei, che ci ha appena lasciato, aveva ancora la sua stanza (il suo studio) dentro al Sistina, nel cuore di quel teatro che ancora riecheggia delle creature scritte in coppia con Sandro Giovannini. Creature che si chiamano “Attanasio cavallo vanesio”, “Rinaldo in campo”, Alleluja brava gente”, “Rugantino”, fino al quasi universale “Aggiungi un posto a tavola”. Spettacoli cuciti e costruiti sugli attori originali (anche se ci sono più eccezioni), che mischiavano balletto, canto e recitazione, a differenza del Musical di stampo anglosassone, che adesso ci affettiamo a copiare, i cui performer sono spesso ottimi cantanti o ballerini, ma assolutamente nulli come attori. Un tipo di teatro musicale, ormai passato fra i classici, che viene mantenuto vivo dal Sistina (con risultati a volte davvero scadenti, secondo me) e che, spero, venga proseguito da veri artisti (e non da divetti in cerca di una nuova verginità teatrale). Ma non è il momento delle polemiche. Onore dunque alla coppia che si ritroverà chissà dove, in quel teatro spirituale che si è andato purtroppo arricchendo negli ultimi anni.
“Il mostro del paesello”
“Can you see her? Her raped, beaten, broken body soaked in their urine, soaked in their semen, soaked in her blood, left to die. Can you see her? I want you to picture that little girl. Now imagine she’s white.” (“a time to kill” – 1996)
Ultimo esercizio ieri sera. Seduto su una sedia sul palco, ad ascoltare il “mio” difensore che fa l’arringa finale. Per difendere me, che ho ucciso due uomini che hanno violentato mia figlia (nel profondo sud dell’America). Fermo. Senza battute, solo il corpo. Dopo un finesettimana come questo.
Catartico. (Sul serio, non come lo intendono a Zelig)
…Usa la forza…
Luke Skywalker: Maestro, spostare delle pietre è una cosa,
questo è del tutto diverso!
Yoda: No! Non diverso! Solo diverso in tua mente.
Devi disimparare ciò che hai imparato.
Luke Skywalker: D’accordo ci proverò…
Yoda: No! Provare no!
Fare o non fare, Non c’è provare!
Improvvisamente ti rendi conto che tutto quello che hai fatto fino a questo momento, almeno negli ultimi anni, non ti serve, anzi, devi cercare di buttarlo via. Cinque anni di teatro prevalentemente comico, al limite brillante ti si attaccano addosso come melassa. E’ durissima levarsi vizi e clichè, evitare di ammiccare, fare mezze smorfie, rimanere dentro (se stessi). Ti sembra di non usare nulla di quello che (pensi) di saper fare. Anche la voce ti sembra strozzata e fioca, anche se in realtà in quel momento stai facendo un terribile sforzo di concentrazione. Inizialmente gli esercizi di laboratorio sembravano una passeggiata; vado li’, faccio come al solito, faccio ridere e torno al mio posto soddisfatto. No, non è più così, ora gli esercizi sono esercizi e richiedono il giusto sforzo e la giusta tensione.
Per non parlare del fiato. Sempre fatto la diaframmatica (se non sapete come funziona la respirazione diaframmatica, trovate ottime info qui), poi scopri che a tenuta stai peggio di chi si fuma svariate sigarette al giorno. E allora rimettiti giù, alza e abbassa il diaframma, cerchi di fare gli esercizi, perchè alla fine, tutto quello che vuoi, tutto quello che cerchi, e lo sai bene, è stare su quelle maledettissime polverose assi, davanti ad almeno un paio di occhi, per regalargli qualcosa, un pezzo di te, un’emozione.
Per il proseguio del laboratorio, oltre ai testi già assegnati, bisogna portare altro. Anche il testo di una canzone, da recitare come fosse un monologo. Io ne ho una in mente da giorni.
Il Sarchiapone
Matteo “Dispenser” Bordone per la seconda volta in poco tempo se la prende con il modo di recitare italiano. Aspettate non scappate, lo so che la faccenda rischia di essere noiosa, cercherò di essere breve e accattivante. Provate ad ascoltare un film (americano o inglese) in lingua originale. La prima impressione che si ricava è che sembra rumoroso. Perchè in genere gli americani prediligono la presa diretta. In effetti che senso ha “premiare” un attore che poi fa da manichino per la propria voce? In Italia i film stranieri si “doppiano”, la visione dei sottotitoli (si dice) non piace al grande pubblico (che in realtà si va a vedere le varie vacanze di natale). Il film doppiato suona pulito, senza fruscii. Anche quelli italiani, che infatti sono sovente ridoppiati. Senza voler fare l’esegesi della dizione io mi sposto sulle assi del teatro (dove spesso molti di quelli citati non compaiono e non compariranno). In teatro serve la dizione, serve perchè si deve (dovrebbe) recitare senza quei cosi attaccati in faccia (microfoni) che danno l’impressione di una enorme cicatrice. E per far arrivare la voce in fondo alla sala ci vuole il diaframma. Poi su questo diaframma ci si appoggia anche un’inflessione, un tic del respiro, un “vizio”, altrimenti i personaggi recitati saranno tutti uguali, ma non penso che un Riccardo III sia uguale a un Ciampa e così via. La figaggine dell’accento (romano o non) si perde nel respiro. Di scapole in genere. Che rende la voce fioca e poco utilizzabile in altri ambiti che non la “Fiction”. In cui, a dispetto di quello che dice Bordone, recitano tutti alla stessa maniera, sia in battute tipo “puttana, ti porto via la casa di Terracina” sia ” siamo tanto innamorati, nessuno ci dividerà”. E a me questo fa un po’ ridere. Per concludere (e collegarmi al titolo) possibile che nessuno si ricordi di un grandissimo nostro attore capace di cambiare mirabilmente voce, accento e cadenza? Possibile che nessuno si ricordi mai di Walter Chiari?
Aéèioòu
Costa fatica, tanta fatica rieducare una voce che ha tanto narrato ma poco fu educata. Ora, a rieducare, si fa fatica, fatica si fa. E così fra le sette vocali sette (chi ha detto è sbagliato, che sono cinque?), la laringe che si inizia a riallargare, il naso che vibra (pessimismo – fastidio), le “gl” che stentano ad articolarsi (per fortuna le “r” sono a posto), fare gli esercizi porta la tua famiglia (o chi ti circonda) a guardarti come se fossi appena fuggito da un manicomio e magari pensano di chiuderti in cantina, non si sa mai, ti dovessero scorgere i vicini.
Sono felice di aver iniziato il corso sulla dizione in maniera tecnica, la cosa che mi è sempre mancata (e che ho sempre invocato). Poi chissà, più avanti si parlerà di come scrostrare una brutta patina di abitudini sbagliate.
Come recensire…
Questa è una cosa che sui quotidiani italiani è rarissima o non esistente. La critica teatrale scevra da “mollichismi” o inutili marchette. La critica per indicare, senza impedire ad un eventuale spettatore di farsi una sua idea. Una critica che in Italia ho trovato solo sulle riviste specializzate (tipo “Sipario”).
Sul New York Times, con il titolo “Moliere reso contemporaneo, che lo voglia oppure no”, una critica alla versione “modernizzata” dell’Avaro della compagnia “Jean Cocteau repertory“.
Il Testimone
“…Il testimone va lanciato verso il compagno, dopo aver preso contatto con lo sguardo, cercando di evitare di mettere in difficoltà l’altro. Va lanciato con una traiettora a parabola, dolce, per evitare che l’altro lo faccia cadere. Gambe rilassate, morbide, con le ginocchia un po’ piegate, pronte a scattare in avanti verso il testimone, se ci sono problemi. Va preso con una sola mano (quella che si vuole, si può anche alternare), respirando profondamente, senza perderlo d’occhio anche quando non si è direttamente coinvolti nel lancio.“
Il lancio del testimone equivarrà, sul palco o scena che sia, al lancio della battuta.