Una serie di “avvenimenti” mi hanno portato a fare varie congetture sul lasciarmi una buona fetta di vita alle spalle e di trasferirmi altrove, in maniera abbastanza brutale e con un cambio di prospettive vero e forte. Oltre a le problematiche lavorative, ma il cambio era su quelle, sono poi venuti tutta una serie di riflessioni sul lasciare una città grande come Roma.
Roma ha una serie enorme di carenze, che lascerò fuori da questo post, ma ha al contempo alcuni angoli felici, alcune iniziative positive e funzionanti, alcuni impegni che poi, spostandomi/ci, potrei non ritrovare, potrei non riuscire a ricostruire, nelle forme e nei modi in cui mi sono tanto trovato bene qui. Mi sono accorto che nel peso dato alle varie cose (la casa, gli affetti, la logistica, la lingua ecc.) queste poche cose belle avevano un posto fra i primi e stranamente erano quelle che tendevano a farmi titubare di più. Ora il progetto è parzialmente rientrato (non del tutto e non nella mia testa), ma è strano come l’idea di lasciare qualcosa di tanto secondario potesse essere quasi più bloccante di quelle che in genere di considerano “priorità”.